Spossatezza, nervosismo, difficoltà ad addormentarsi, lieve dissenteria, mancanza di appetito, secchezza al cavo orale, sono solo alcuni dei piccoli fastidi fra i pazienti oncologici italiani, che sembrano però restare nella terra di nessuno.
Il 54%, infatti, ritiene che il medico di famiglia non sia un interlocutore adeguato sulle neoplasie e il 79% lamenta l’assenza di dialogo fra oncologi e medici del territorio. E solo il 9% si rivolge al farmacista di fiducia per avere consigli su come affrontare questi disturbi.
Questi dati sono stati presentati dalla Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) nell’ambito del progetto nazionale “I nuovi bisogni del paziente oncologico e la sua qualità di vita” realizzato con il contributo incondizionato di Bristol-Myers Squibb.
Il progetto vuole creare rapporti di collaborazione strutturati e preferenziali fra centri oncologici, medicina del territorio, farmacisti che vadano oltre le visite di controllo successive alla fase acuta della malattia.
“In Italia - spiega Stefania Gori, presidente nazionale AIOM - vivono più di 3 milioni e trecentomila persone dopo la diagnosi di tumore (il 24% in più rispetto al 2010). E la malattia sta diventando sempre più cronica grazie a armi efficaci come l’immuno-oncologia e le terapie a bersaglio molecolare che si aggiungono a chirurgia, chemioterapia, ormonoterapia e radioterapia. Questi cittadini presentano nuovi bisogni, impensabili fino a dieci anni fa”.
Lo specialista è il principale punto di riferimento nella gestione degli effetti collaterali. Spesso però il paziente, per timore o insicurezza, preferisce non parlare dei piccoli disturbi che non hanno rilevanza clinica determinante, ma sono in grado di peggiorare la qualità di vita e, oggi, non trovano capacità d’ascolto.
I pazienti rivolgono sempre più spesso domande sulla dieta da seguire, l’attività fisica che possono praticare e il senso di disagio psicologico con cui sono spesso costretti a convivere. Per questo è fondamentale migliorare il livello di consapevolezza di tutti gli attori coinvolti.
Uno strumento che potrebbe facilitare la comunicazione di questi disturbi è costituito dai PRO-CTCAE (Patient Reported Outcomes - Common Terminology Criteria for Adverse Event): un questionario, utilizzato nelle ricerche cliniche negli USA e in altri Paesi (la versione italiana è stata validata lo scorso giugno), con cui il paziente segnala in autonomia e in maniera dettagliata gli effetti collaterali dei trattamenti anti-tumorali.
La creazione di un percorso strutturato con gli oncologi e i medici di famiglia può creare le condizioni per una reale reintegrazione dei cittadini colpiti dal cancro nella società e nel mondo del lavoro.
Fonte: AIOM